martedì 21 febbraio 2012

Intervista con l'artista: Alberto Milani

Alberto Milani live@Barone Rosso
(photo Luca Marangon © 2012) 
Inauguriamo su questo blog una nuova rubrica che, speriamo, di continuare il più possibile (abbiamo già la disponibilità di altri artisti). Siamo contenti di poterla inaugurare con una delle novità del Barone Rosso che più ci ha colpito: Alberto Milani. Potete vedere le foto del concerto (8 febbraio 2012) e leggere qualche impressione sulla serata sempre su questo blog. Se volete un accompagnamento musicale per leggere l'intervista, alla fine della pagina trovate qualcosa.

wb: Ciao Alberto, innanzitutto grazie per la disponibilità e per il concerto. Ecco qualche domanda per conoscerti meglio e, si spera, per farti conoscere meglio attraverso questo blog.
Alberto Milani (per la stampa Angelo, ndr) cominciamo con le cose semplici: cos'è per te la musica?
AM: cos'è per me la musica?...ho iniziato a suonare a 7 anni. Mia mamma suonava il piano, mio padre strimpellava la chitarra. Ho cominciato suonando a orecchio sui dischi dei beatles di mia mamma. Ora ne ho 29, quindi suono da 22 anni. Ho suonato anche altri strumenti da bambino e da ragazzino, il violoncello prima e poi il pianoforte, ma non ho mai mollato la chitarra. La musica e la chitarra sono qualcosa che si è insediato in medi me da così tanto tempo che non riuscirei a immaginarmi senza. Certo, è un lavoro per me la musica, ma allo stesso tempo un gioco, il gioco gioco più difficile, stressante e alienante in assoluto, ma anche il più divertente e appagante. Insegno da diversi anni presso un'accademia a Treviso, e a Pordenone, dove vivo; suono in diversi contesti (jazz-fusion, rock-blues, rock), mi piace confrontarmi con diversi terreni musicali, stili, e musicisti e poterci mettere sempre il mio stile, la mia personalità. Certo, l'apice della mia espressione lo raggiungo suonando la mia musica con il mio trio, portando sul palco i miei brani e l'emozione che provo nel suonarli.

wb: Quando eri piccolo ed hai cominciato a prendere in mano la chitarra, sognavi di diventare come...?
da bambino adoravo George Harrison, Brian May, Hendrix, ma forse il chitarrista che più mi stregava in assoluto era Slash, mi emozionava tantissimo con il suo stile. Poi negli anni mi hanno segnato tanti altri chitarristi diversissimi tra loro, Jeff Beck, Stevie Ray Vaughan, Albert King, Robben Ford, Steve Vai, Scott Henderson, Michael Landau, John Scofield e tanti altri..però nella mia infanzia Slash è stato il riferimento più importante, mi muoveva qualcosa dentro, e sicuramente mi ha segnato nel mio modo di suonare il rock più di tanti altri.

wb: Scrivi tutti i tuoi pezzi: da dove trovi l'ispirazione?
AM: scrivo tutti i brani da solo si. La composizione per me è sempre stata un aspetto fondamentale della mia vita di musicista. Le ispirazioni sono di diverso tipo. A volte un viaggio, a volte una persona, un ricordo, un'esperienza particolare, o magari un periodo malinconico in cui sto più tempo tra me e me ad ascoltarmi con calma; ecco, per esempio i periodi in cui compongo difficilmente sono i periodi in cui studio, anzi, nei momenti di scrittura mi fermo, butto l'ancora e raccolgo le idee, il mio linguaggio che è quello naturalmente consolidato fino a quel momento, con le sue influenze già metabolizzate. Quando scrivo un brano ci sto sopra a lungo, e sento l'esigenza di chiuderlo, di staccare la spina col resto; posso scrivere un brano in due giorni o in settimane o addirittura mesi, come scrivere un tema in un giorno, lavorarci una settimana e magari lasciarlo lì 3 mesi perchè non ho le idee giuste per svilupparlo. E' spesso un processo tanto gratificante quanto deprimente la composizione, specie quando lasci una buona e nuova idea in stand-by per l'incapacità del momento di chiuderla, insomma diventa un tarlo. Faccio terribili periodi di alti e bassi anche per questo: posso fare 6 mesi di full immersion, in cui sono frastornato di stimoli e molto ispirato..e poi magari passarne altri 6 senza riuscire a scrivere una nota, magari anche perchè impegnato negli altri progetti musicali che porto avanti, nelle collaborazioni, o semplicemente perché saturo.
Molte volte l'ispirazione può essere anche un disco, o degli ascolti, o un nuovo autore che non conoscevi. Faccio periodi da spugna molto intensi, ovvero periodi in cui ascolto un sacco di musica, sempre, in macchina, ovunque, e studio sempre la musica che ascolto, trascrivo, mi perdo in ascolti nuovi (molto spesso non chitarristici), e tutto questo diventa una parte nuova di me, nuove idee, sonorità, fraseggi, armonie. è un qualcosa di nuovo che inizi a respirare tutti giorni, e magari solo dopo un anno inizierà davvero a far parte di te, di come suoni e scrivi, però la bella musica che si può ascoltare resta sempre l'ispirazione maggiore a mio avviso, senza cadere nell'emulazione, ma nella continua contaminazione con quello che ci può essere attorno a noi, chiaramente filtrato dal nostro gusto e dal nostro vissuto musicale e personale.

wb: Ascoltando il tuo concerto abbiamo percepito che la tua musica si esprimerebbe al meglio su palchi più ampi. Com'è suonare in una dimensione come quella di un jazz club?
AM: suonare in palchi più ampi...si, mi è capitato e mi capita spesso, ho suonato a diversi festivals in italia e all'estero anche con le mie formazioni trio precedenti; però ti confesso che preferisco suonare nei club, mi piace il contatto con la gente, il calore, l'acustica e altri fattori, l'intimità che acquisisce un progetto di musica strumentale all'interno di un club, in quel clima di concentrazione, ascolto attento, ma anche di confidenza che è tipico.

wb: Com'è suonare con Phil Mer e Andrea Lombardini? La collaborazione che fino ad oggi ti ha segnato di più?
AM: Andrea Lombardini e Phil Mer sono due musicisti fuori dal comune; poter dare ai tuoi brani un vestito sempre diverso, dal disco, ma anche di sera in sera nel modo di interpretarli, è una magia che capita con musicisti che hanno il radar su quello che fai, oltre che un'impeccabile preparazione e musicalità. Mi danno continui stimoli; l'incastro è magico, passiamo dal rock al jazz, ai momenti di pura psichedelia e sperimentazione sonora; siamo tre musicisti della stessa generazione e questo aiuta, abbiamo molte influenze in comune, come il jazz contemporaneo, l'alternative rock degli anni 90 e certa musica elettronica, la psichedelia di Hendrix come dei Radiohead. Tutti questi aspetti dal vivo prendono forma nella mia musica durante i miei concerti, si respirano tutti, fusi insieme, e il mio spettacolo diventa qualcosa di molto diverso dalla formula del guitar hero, rischio che avrei corso con una sezione ritmica più "tradizionale". C'è un'estetica molto più sobria e allo stesso tempo sincera e sanguigna, più dinamica e cool rispetto quella tradizionalmente tipica della fusion; anche perchè, i fulcri centrali del lavoro sono in ogni momento il suono e l'intenzione ritmica, due cose che forse fanno arrivare quello che fai al petto di chi ti ascolta molto più di tutto il resto.

wb: Progetti per il futuro?
AM: progetti si, sempre tanti, altre formazioni parallele all'A.M. Trio, e diverse collaborazioni per sessioni live e in studio. Comunque il mio obiettivo per almeno un anno è dare la priorità a questo disco, a portarlo in giro il più possibile nei palchi di tutta italia, con questi due fantastici musicisti che mi accompagnano. Il sogno si sa, sarebbe l'estero. Ma già ottenere i risultati e i feedback di questo primo tour di presentazione del cd conclusosi il 16 febbraio con una splendida data in teatro (della quale i frammenti saranno a breve già su youtube), è un ottimo inizio.

wb: Grazie, alla prossima ed in bocca al lupo per la promozione del tuo nuovo album "Stories by the bridge". 
AM: grazie di cuore, a presto


Si ricorda che potete visitare il sito www.albertomilani.com/ per ulteriori informazioni sul musicista e sulle prossime date. Vi lascio con questa canzone. Alla prossima e buon ascolto.




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